Quesiti e approfondimenti

Triangolazione interna UE – cessione di rottami

L’articolazione dell’operazione in esame si configura come una triangolazione per cessioni di rottami in Italia ai sensi dell’articolo 58 D.L. n. 331/1993, ma con consegna da effettuare direttamente all’operatore economico UE sloveno (nel caso in esame ultimo acquirente) tramite trasportatore, sempre sloveno, incaricato dal cliente italiano.

In particolare, la questione così proposta non risulta di facile risoluzione visto un orientamento non univoco adottato dall’Agenzia delle Entrate, Corte di Cassazione e Corte di Giustizia europea su situazioni del tutto analoghe. Risparmiando l’intero iter giurisprudenziale sul punto si riassumono i punti di vista:

a)    Secondo l’Agenzia delle Entrate, in situazioni del tutto analoghe, affinché possa configurarsi una triangolazione comunitaria interna, il trasporto deve essere a cura o a nome del cedente, e quindi l’eventuale vettore direttamente incaricato dalla società istante il quesito alla movimentazione della merce. Diversamente, secondo l’Amministrazione Finanziaria si potrebbe dar seguito ad un’operazione il cui impianto è volto alla realizzazione di cessioni in frode IVA, in quanto la designazione del vettore da parte del cessionario italiano (promotore della triangolazione) potrebbe essere assimilata a cessione effettuata nel territorio nazionale e, quindi, soggetta in linea di principio ad IVA;

b)   Secondo la Corte di Cassazione e la stessa Corte di Giustizia Europea, affinché si perfezioni  un’operazione triangolare interna non è essenziale “… che il trasporto all’estero sia avvenuto a cura o a nome del cedente, quanto piuttosto che l’operazione fin dalla sua origine e nella sua rappresentazione documentale, sia stata voluta come cessione nazionale in vista di trasporto a cessionario residente all’estero, nel senso che tale destinazione sia riferibile alla comune volontà degli originari contraenti” (così in tal senso Cass. 4098/2000, oppure causa C-184/05).

Di conseguenza, alla luce di quanto appena riportato, è evidente che non vi sia un orientamento univoco nella risoluzione della questione proposta. Di conseguenza:

1)    Qualora si voglia propendere per una soluzione più prudenziale abbracciando l’approccio delineato dall’Agenzia delle Entrate, allora l’articolazione dell’operazione non risulta inquadrabile come “triangolazione interna comunitaria”, ma come ordinaria cessione nazionale in quanto deficitaria del requisito del trasporto “a nome o a cura del cedente”. In questa situazione, quindi, le modalità di fatturazione proposte a fini IVA appaiono corrette (fatturazione con meccanismo del “reverse charge” ex art. 74, commi 7 e 8 del D.P.R. n.633/1972).

2)    Diversamente, qualora si voglia seguire l’orientamento giurisprudenziale di Cassazione e di Corte di Giustizia Europea, allora l’operazione è annoverabile tra le “triangolazioni interne comunitarie”, in quanto, benché non vi sia il trasporto “a cura o a nome del cedente”, l’intento delle parti coinvolte è comunque quello di destinare i beni oggetto di cessione ad altro Stato della U.E.

In questa situazione, quindi, la disciplina IVA vigente è così riassumibile:

–       La cessione tra la società istante il quesito e l’acquirente italiano non si considera una “cessione intracomunitaria”, ma è ugualmente un’operazione “non imponibile” ai sensi dell’articolo 58 D.L. n. 331/1993. Il corrispettivo della cessione, inoltre, concorre alla formazione del plafond per acquisti senza imposta (nel caso si sia esportatori abituali). Il fatto che i beni ceduti siano trasportati o spediti nell’altro stato membro “a cura o a nome del cedente” italiano (la società istante), sulla base dell’incarico conferito dal cliente ad un soggetto terzo (trasportatore) non è condizione essenziale.

Sul punto si segnala che la norma non specifica alcun tipo di prova che comprovi la non applicabilità dell’I.V.A., per cui è opportuno acquisire idonea dimostrazione, anche informale, dell’avvenuto trasporto o spedizione nella U.E. (si pensi ad esempio al DDT, al contratto di trasporto, o qualsiasi altro documento da cui risulti che la Società è stata incaricata dal cliente di eseguire o di far eseguire il trasporto in Slovenia, compresa la fattura del costo del servizio). Stando all’impianto normativo in questione, l’operazione di cessione non deve essere inclusa negli elenchi INTRASTAT di periodo.

–       Per quanto riguarda, invece, l’acquirente italiano (cliente della società istante) l’operazione non si configura come acquisto intracomunitario ma come normale acquisto interno ai sensi dell’articolo 58 D.L. n. 331/1993, pur se non imponibile a fini I.V.A a condizione che ne sia precisato l’invio nella U.E.

–       Infine, per completezza sull’argomento trattato, la cessione tra il cliente italiano ed il soggetto sloveno finale è inquadrabile tra le “cessioni intracomunitarie non imponibili” di cui all’art. 41 D.L. n. 331/1993, il cui corrispettivo concorrerà alla formazione del plafond incondizionato e/o vincolato, e l’operazione è oggetto di segnalazione negli elenchi INTRASTAT di periodo.

Pertanto, nel caso in cui si voglia propendere per un approccio più ampio, al fine di tutelarsi contro eventuali future contestazioni, è bene avere a disposizione documenti che sottolineino la volontà dei soggetti coinvolti di trasportare la merce in Slovenia, nonché incarico scritto (magari redatto con posta pec) del cliente italiano di dover portare la merce presso il soggetto comunitario cessionario finale dell’intera operazione. Unitamente alle lettere d’incarico,  è bene disporre anche di DDT controfirmato dell’acquirente finale in Slovenia che ha ricevuto la merce.

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