La situazione delineata è riconducibile alle prestazioni immateriali (consulenza tecnica – studio di fattibilità) disciplinate dall’articolo 7, comma 4 lett. d) e f) D.P.R. n. 633/72.
Sul punto si deve sottolineare che la territorialità delle prestazioni immateriali è legata alla sede del committente, ma anche al luogo di utilizzo delle stesse, per cui si viene a creare una sorta di contrapposizione tra “utilizzo economico” della prestazione, e “beneficio economico” derivante dalla medesima.
La problematica appena accennata è stata risolta dall’Amministrazione Finanziaria nella circolare n. 10/E/2005, al paragrafo n. 9.1, in cui si precisa che “… nel rispetto di quanto disposto dall’art. 7, comma 4, lett. f) D.P.R. n. 633/72, le prestazioni di consulenza e assistenza tecnica o legale, rese da operatori stabiliti in Italia a favore di soggetti domiciliati o stabiliti fuori dell’Unione Europea, sono fuori campo di applicazione dell’I.V.A. …”.
Alla luce di quanto affermato, quindi, la fattura dovrà essere emessa senza assoggettare ad I.V.A. le prestazioni di consulenza rese, riportando in fattura la dicitura “non imponibile I.V.A. ex art. 7, comma 4, lett. f) D.P.R. n. 633/72”.
Infine, con riferimento alle disposizioni di cui all’articolo 21 D.P.R. n. 633/72, il Legislatore ha imposto l’obbligo di indicazione del numero della partita I.V.A. del soggetto che emette la fattura, e non dell’acquirente, salvo il caso in cui quest’ultimo non sia chiamato ad essere debitore d’imposta in luogo del prestatore (come ad esempio nel caso del reverse charge).
Pertanto, il fatto che il cliente non abbia fornito indicazioni circa il proprio numero di partita I.V.A. non è elemento pregiudizievole per il completamento della fattura, né tanto meno possibile fattore di rischio sanzionabile in caso di controllo.
