Prima di proseguire oltre, ci sembra opportuno specificare che le sanzioni e i rischi in cui il contribuente potrebbe incorrere derivano, in primis, dal fatto che il dipendente si trovi alla guida di un automezzo, che ai sensi del Codice della Strada (D.Lgs. n. 285/1992) è stato immatricolato come autocarro.
Qualora, infatti, dovessero essere irrogate sanzioni da parte di autorità competenti (organi di Polizia), potrebbe essere ritirata la carta di circolazione del mezzo, che dovrà restare fermo fino a quando il giudice di pace non abbia concesso almeno una sospensiva. Inoltre, nulla vieta agli agenti di inviare all’Amministrazione Finanziaria comunicazione dell’infrazione accertata presupponendo che l’utilizzo improprio del mezzo, giustifichi anche un non corretto assolvimento delle imposte: in tal modo potrebbe essere fornita prova certa del fatto che il veicolo è stato utilizzato anche per fini presumibilmente estranei all’attività d’impresa, così da giustificare l’avvio di un accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate non solo in capo all’azienda, ma anche a carico del dipendente (possibile fringe benefit non dichiarato)
Se quanto fin qui affermato riguarda aspetti di carattere “civile”, da un punto di vista fiscale, invece, devono essere formulate diverse considerazioni. Riprendendo quanto già esposto in altra sede, facciamo presente che l’Amministrazione Finanziaria si è espressa in varie occasioni sul punto, sottolineando il fatto che l’immatricolazione come “autocarro” non è si per sé sufficiente affinchè un automezzo si possa considerare “autocarro” anche a fini fiscali. I paletti fissati dall’Agenzia delle Entrate, sono così riassumibili:
a) codice di carrozzeria, riportato sulla carta di circolazione, “F0”;
b) posti a sedere almeno quattro;
c) rapporto fra la potenza del motore, espressa in kW, e la portata del veicolo, espressa in tonnellate, maggiore od uguale a 180.
Alla luce di questa elencazione, affinchè l’automezzo possa essere considerato “autocarro” a tutti gli effetti, oltre ad essere immatricolato come tale, occorre che almeno una delle tre condizioni non sia soddisfatta.
Di solito, le condizioni a) e b) sopra esposte sono soddisfatte, e quindi quella di cui al punto c) diventa stringente e vincolante. Di conseguenza, anche se il mezzo di trasporto oggetto di verifica è immatricolato come “autocarro” (N1), soddisfi non solo le condizioni a) e b), ma anche il test di cui al punto c) (rapporto superiore a 180), lo stesso sarà equiparabile ad un’autovettura e, quindi, soggetto alle limitazioni di deducibilità di cui all’articolo 164 T.U.I.R.
Per essere ancora più pratici, il contribuente potrebbe trovarsi di fronte a questa situazione:
a) il veicolo è qualificabile a fini fiscali come autocarro: l’I.V.A. sarà detraibile al 40%, mentre per quanto riguarda le imposte dirette, invece, si potrà procedere alla totale deduzione delle spese senza limiti di costo di acquisto del veicolo, canone di locazione finanziaria o noleggio; oppure
b) il veicolo, pur immatricolato come autocarro, non è definibile in tal senso a fini fiscali: l’I.V.A. sarà detraibile al 40%, mentre per quanto riguarda le imposte dirette, invece, si potrà procedere alla deduzione del 40% delle spese con limitazione del costo di acquisto del veicolo o canoni di locazione per Euro 18.075,99, e canoni di noleggio per Euro 3.615,20.
Con riferimento ai punti a) e b), facciamo presente che la soglia di detraibilità I.V.A. potrebbe essere elevata fino al 100%, ma con l’onere di dimostrare l’utilizzo esclusivo del mezzo a soli fini aziendali in caso di accertamento.
Ora, combinando le disposizioni di carattere civilistico (Codice della Strada), e quelle di carattere tributario, è evidente che l’ipotesi illustrata nel quesito non è perseguibile, in quanto al possibile raggiungimento di un vantaggio fiscale, non corrisponde il rispetto delle normativa stradale, dalla quale potrebbero derivare le sanzioni di cui sopra.
Pertanto, a nostro avviso, sarebbe forse più opportuno procedere all’acquisto del mezzo immatricolandolo come ordinaria autovettura. A questo punto il mezzo in questione, entrando piena nella disponibilità dell’azienda, sarà sicuramente classificabile come “autovettura aziendale”.
In questa ipotesi, l’I.V.A. sarà detraibile al 40%, mentre per le imposte dirette la deducibilità sarà ammessa nella misura del 40%, con limitazioni del costo di acquisto del veicolo o canoni di locazione per Euro 18.075,99, e canoni di noleggio per Euro 3.615,20.
Qualora, il mezzo in questione, pur rimanendo nella piena disponibilità e proprietà dell’azienda, venga assegnato ad uso promiscuo in fringe benefit ad un dipendente per la maggior parte del periodo d’imposta, allora la disciplina fiscale sarà la seguente: I.V.A detraibile al 40% (elevabile al 100% se fringe benefit fatturato), mentre i costi saranno deducibili nella misura del 90% senza limitazioni (articolo 164, comma2, lett. b-bis) T.U.I.R.).
Ricordiamo, però, che in questa situazione, ai sensi dell’articolo 51 T.U.I.R., il valore riconosciuto del fringe benefit concorrerà alla determinazione del reddito imponibile IRPEF del lavoratore dipendente.
Alla luce di quanto illustrato, considerando rischi e benefici, la scelta più opportuna e più vantaggiosa, appare essere quella della concessione dell’autovettura in fringe benefit al dipendente per la maggior parte del periodo d’imposta, evitandone l’immatricolazione come autocarro. Qualora, l’uso dovesse essere differente il mezzo rimarrà comunque nella sfera aziendale, ma senza dover correre inutili rischi nel suo utilizzo anche per attività non inerenti l’attività d’impresa.