Premettiamo che ai fini della sussistenza o meno di tale obbligo sono ininfluenti la forma assunta dal contratto d’agenzia (scritta, verbale ecc.) e la condizione che la ditta in questione sia iscritta o meno all’albo agenti di commercio presso il registro delle imprese.
L’obbligo o meno d’iscrizione previdenziale dipende esclusivamente dal fatto che il contratto (anche se stipulato in forma verbale), proprio per le caratteristiche con cui è venuto in essere, sia inquadrabile nella fattispecie di contratto d’agenzia di cui agli articoli 1742 e 1752 Cod. Civ., oppure in quella della “segnalazione occasionale” clienti e, quindi, riconducibile alla figura del procacciatore d’affari.
La definizione di agente (così come previsto dal Cod. Civ.) compete all’ausiliario del commercio che ha l’incarico di promuovere la conclusione di contratti (ed eventualmente di concluderli egli stesso) con stabilità. Sono, altresì, caratterizzanti la zona e l’esclusiva. La stabilità comporta l’obbligo dell’agente di ricercare con continuità tutte le possibili occasioni di stipulazione di contratti in favore del preponente. Il procacciatore d’affari non ha tale obbligo e, proprio in questo, si differenzia dall’agente. La continuità nell’invio di ordini, o una certa durata del rapporto, non sono, di per sé, requisiti decisivi per fare assumere la veste di agente; potrebbero però essere rivelatori dell’obbligo di cui si e` detto. Nei confronti del procacciatore – che sia autenticamente tale, indipendentemente dalla qualificazione – non sussiste alcun obbligo di iscrizione all’Enasarco che, anzi, non e` neppure ammessa.
Altra questione invece è l’obbligo di effettuare la ritenuta sulle provvigioni maturate (siano esse di qualsiasi tipo). L’importo fatturato deve essere assoggettato a ritenuta a norma dell’articolo 25 bis D.P.R. n. 600/73, che prevede l’applicazione dell’aliquota del 23% sul 50% del corrispettivo, ovvero del 23% sul 20% qualora sia un soggetto che si avvale dell’ausilio di collaboratori e dipendenti.