In questo periodo di fermento nei rapporti fra gli istituti di credito ed i loro clienti, uno degli strumenti più efficaci in mano alle banche per difendere i propri interessi è la segnalazione a sofferenza nella Centrale Rischi della Banca d’Italia (CR).
Innanzi tutto è necessario fornire una sintetica definizione della CR. La CR viene definita dalla stessa Banca d’Italia come un sistema informativo sull’indebitamento della clientela verso le banche e le società finanziarie. Nella pratica si tratta di una gigantesca banca dati in cui i singoli istituti di credito censiscono mensilmente le operazioni bancarie effettuate con la propria clientela a cui hanno concesso credito (in misura superiore a 30.000,00 Euro), dividendole in diverse categorie. I dati raccolti nella CR sono riservati, rispetto a chiunque non sia il cliente interessato o gli altri istituti di credito. Fra gli obiettivi che si prefigge la CR, infatti, il principale è la classificazione della clientela, per favorire un migliore accesso al credito ai clienti più “meritevoli”. In particolare nella categoria c.d. “a sofferenza” viene inserita l’intera esposizione per cassa nei confronti di soggetti in stato di insolvenza, anche non accertato giudizialmente, o in situazioni sostanzialmente equiparabili, indipendentemente dalle eventuali previsioni di perdita formulate dall’azienda.
A fronte delle precedenti considerazioni, è del tutto evidente come una segnalazione a sofferenza effettuata da una banca per una determinata operazione a credito (e quindi per un determinato cliente), si possa tradurre in un “voto di sfiducia” per l’intero sistema bancario, con una conseguente rilevante difficoltà per il cliente di accedere al credito anche nei confronti di altri istituti.
Con riferimento a sconfinamenti sugli affidamenti o a diverse ipotesi di mancato pagamento da parte del cliente debitore (a torto o a ragione), le banche sempre più spesso reagiscono con rapide (e proditorie) segnalazioni a sofferenza in CR. La prospettiva di una segnalazione a sofferenza può, nella pratica, essere un potente deterrente non solo nei confronti dei clienti che non pagano in quanto insolventi, ma anche nei confronti di chi abbia intenzione di valutare la reale debenza delle somme richieste dalla banca per le più svariate ragioni di fatto e di diritto. In certi casi, la segnalazione colpisce anche chi (ingenuamente) faceva affidamento su precedenti sconfinamenti concessi dalla medesima banca e non segnalati.
In molti casi, però, la banca segnalante non ricorda che, non solo la segnalazione a sofferenza deve riguardare solo i soggetti in stato di insolvenza o equiparabile (e quindi, di fatto, non in condizione di onorare i propri impegni anche se lo volessero), ma che tale appostazione implica una valutazione da parte dell’intermediario della complessiva situazione finanziaria del cliente e non può scaturire automaticamente da un mero ritardo di quest’ultimo nel pagamento del debito. La contestazione del credito non è di per sé condizione sufficiente per l’appostazione a sofferenza.
Nella suddetta valutazione, deve aversi primario riguardo alla complessiva situazione economico-finanziaria del cliente, con elementi che dimostrino o, quantomeno facciano fortemente presumere, un rilevante mutamento in peius dell’affidabilità creditizia del cliente (alcuni indizi, da leggere sempre nella loro portata complessiva, potrebbero essere la presenza di protesti, azioni esecutive, ingiunzioni etc. nei confronti del cliente in esame).
Una segnalazione scorretta da parte della banca, in quanto non rispondente alla reale situazione economica e finanziaria del cliente, costituisce un illecito da parte della banca stessa, in considerazione degli obblighi di buona fede e correttezza nei confronti della propria controparte contrattuale (la clientela) e della generale responsabilità civile per danni causati da fatti ingiusti dolosi o colposi.
A fronte di una illegittima segnalazione a sofferenza da parte di una banca, il cliente che intenda reagire in via giudiziale, ha interesse ad una estrema rapidità nella tutela. Il ricorso cautelare e atipico ex art. 700 c.p.c. risponde a questa esigenza, in quanto configura un processo speciale relativo a situazioni di particolare ed immediata rischiosità. Dal momento dell’iscrizione del ricorso, è usualmente possibile ottenere una pronuncia dell’Autorità Giudiziaria dopo appena un paio di mesi (una tempistica decisamente breve rispetto agli anni che spesso richiede lo sviluppo di un procedimento ordinario).
Il cliente, nelle situazioni di illecito sopra descritte, potrà quindi confidare ragionevolmente di ottenere in tempi brevi la cancellazione della segnalazione a sofferenza nella CR e la corretta riclassificazione a posteriori del rapporto creditizio, riequilibrando in questo modo la propria posizione nei confronti del sistema bancario.