Quesiti e approfondimenti

Esercizio e tutela del diritto di controllo del socio di una S.r.l.

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La disciplina normativa della società a responsabilità limitata, anello di congiunzione fra le società di persone e le società di capitali, si caratterizza per l’attenzione che tributa alla compagine sociale a cui vengono riconosciuti rilevanti diritti e poteri, anche e soprattutto nei confronti dell’amministrazione della società. Fra tali prerogative il c.d. “diritto di controllo” ricopre, senza dubbio, una posizione rilevante.

Il diritto di controllo è specificamente riconosciuto dall’art. 2476 c.c. e si sostanzia nel diritto ad ottenere informazioni dagli amministratori sullo svolgimento degli affari sociali, nonché a consultare i libri sociali, scritture contabili, estratti conto, evidenze di rapporti bancari ed, in generale, tutti  i documenti relativi all’amministrazione della società (potendone estrarre copia a proprie spese). In conformità alla dottrina e giurisprudenza prevalente, il diritto di controllo non viene riconosciuto unicamente ai soci di una S.r.l. che non si occupano dell’amministrazione, ma anche ai soci amministratori (nei confronti dei quali si tratta, in verità, di un diritto-dovere), ai soci titolari solo di particolari diritti amministrativi, ai creditori pignoratizi, agli usufruttuari ed al custode in caso di sequestro. Il diritto in esame non è in alcun modo comprimibile, né eliminabile attraverso lo statuto della società, ma si ritiene che possa essere eventualmente soggetto a volontarie limitazioni attraverso patti parasociali fra i soci.

Il socio non amministratore, in particolare, si può valere delle informazioni ottenute attraverso il diritto di controllo per una molteplicità di ragioni fra cui, a titolo esemplificativo, la necessità di esaminare la corretta gestione della società da parte degli amministratori e di decidere in ordine all’esercizio del proprio diritto di voto in assemblea o, in alcuni casi, all’esercizio del diritto di recessoAl socio che esercita il diritto di controllo la società non può opporre esigenze di riservatezza relative a decisioni aziendali, anche se egli è tenuto a non divulgare le informazioni ottenute a soggetti estranei o concorrenti, con l’ovvia eccezione dei professionisti di fiducia che lo assistono nei rapporti sociali.

Il diritto di controllo può essere esercitato a mezzo di semplice richiesta da parte del soggetto interessato (di regola attraverso lettera raccomandata a.r. o comunicazione PEC all’indirizzo della società e rivolta agli amministratori della stessa), con riferimento specifico alle informazioni ed ai documenti che si intende consultare. Si fa presente che, al fine di garantire l’efficacia sostanziale del diritto di controllo, la legge prevede espressamente che esso possa essere effettuato da professionisti di fiducia del soggetto interessato (anche, come già si accennava, estraendo copia dei documenti richiesti), presso la sede della società o in altro luogo all’uopo concordato fra il richiedente e gli amministratori.

Si deve però considerare che, proprio in ragione dell’ampiezza del potere esercitato dal socio attraverso il diritto di controllo, l’amministrazione della società potrebbe essere restia a fornire le informazioni richieste; ciò anche a fronte del fatto che tali informazioni possono, magari, essere utilizzate per avviare una azione di responsabilità nei confronti degli amministratori stessi. A questo punto si pone una domanda fondamentale: come è possibile tutelare l’effettività del diritto di controllo nel caso in cui gli amministratori non collaborino concedendo la consultazione dei documenti richiesti?

Il rimedio del procedimento giudiziale ordinario (quella che potrebbe essere definita come una causa giuridica “standard“) presenta molti limiti a questo riguardo, fra cui il principale è la durata. Nella gran maggioranza dei casi, infatti, il diritto di controllo è esercitato dal socio in situazioni estremamente delicate, che richiedono un accesso relativamente rapido alle informazioni (si ricorda, come già accennato, il caso in cui si egli debba decidere in ordine a un voto in assemblea o all’esercizio del diritto di recesso).

Una soluzione più consona ad esigenze di rapidità è l’utilizzo dello strumento giudiziale atipico fornito dall’art. 700 c.p.c. Si tratta di un procedimento cautelare e sommario, piuttosto rapido nella sua definizione, ma che sconta anch’esso alcuni limiti. In particolare esso presenta sempre un certo grado di incertezza in quanto, affinché esso sia accolto, sarà necessario dimostrare ed argomentare (dovendo spesso smentire le tesi avversarie presentate dagli avvocati della società) la presenza di un imminente pericolo di conseguenze gravi ed irreparabili per il socio a cui non fosse consentito di accedere alle informazioni richieste.

Una terza via è fornita dalla giurisprudenza, anche molto recente. Si è stabilito che, nel caso in cui fosse negato dall’amministrazione della società l’esercizio del diritto di controllo da parte del socio, quest’ultimo potrà ricorrere al procedimento speciale d’ingiunzione. Tale procedimento (previsto a norma degli artt. 633 e ss. c.p.c.) consente al soggetto interessato di ottenere, entro circa un mese, l’ingiunzione del giudice alla società di consegnare i documenti legittimamente richiesti. Questo strumento deve essere considerato tanto più vantaggioso per il socio leso nei propri diritti in quanto, oltre ad intervenire con estrema efficienza e rapidità, non consente all’amministrazione della società di sollevare contestazione alcuna (conservandole unicamente la possibilità di avviare, di sua iniziativa, una causa giudiziale ordinaria successivamente all’ingiunzione del giudice).

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