Secondo le disposizioni normative vigenti, l’erogazione di liberalità in denaro ad ONLUS possono dedursi dal reddito d’impresa in base alle disposizioni di cui all’articolo 100, comma 2 T.U.I.R., oppure secondo lo schema di cui all’articolo 14 D.L. n. 35/2005.
Rispetto alle due disposizioni appena citate, per trattamento, la seconda è sicuramente molto più favorevole (deduzione nel limite del 10% del reddito imponibile, ed entro un massimo di 70.000 Euro), ma anche quella maggiormente impegnativa ed “onerosa” da un punto di vista burocratico.
Costituisce, inoltre, presupposto inderogabile per l’accesso e l’applicazione di questa normativa fiscale, la tenuta da parte del soggetto che riceve le erogazioni di scritture contabili che rappresentino con completezza ed analiticità le operazioni poste in essere nel periodo di gestione, nonché la redazione entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio, di un apposito documento che rappresenti adeguatamente la situazione patrimoniale, economica e finanziaria. Questo documento può assumere la forma simile a quella di un vero e proprio bilancio, rappresentato da stato patrimoniale e rendiconto gestionale. Lo stato patrimoniale deve distinguere tra attività istituzionale, accessoria, raccolta fondi e gestione del patrimonio finanziario; il rendiconto gestionale, invece, deve indicare la tipologia e la qualità delle risorse (sia in entrata che in uscita).
Infine, rimanendo sempre nell’ambito di rendicontazione, con circolare n. 59/E/2007 l’Agenzia delle Entrate ha sottolineato il fatto che deve sussistere uno specifico rapporto tra i costi dell’organizzazione della colletta, ed i proventi conseguiti e destinati al progetto. In pratica, secondo l’Amministrazione Finanziaria è necessario che i fondi raccolti siano destinati per la maggior parte del loro ammontare a finanziare il progetto e l’attività per cui la raccolta di fondi è stata attivata e non vengano, invece, utilizzati dall’ente per autofinanziarsi a scapito delle finalità solidaristiche. Tale circostanza deve, ovviamente, essere evidenziata nella relazione illustrativa che per Legge, deve accompagnare ogni rendiconto delle raccolte pubbliche di fondi.
L’inadempimento dei suindicati presupposti di deducibilità determina la perdita del beneficio fiscale per il soggetto erogante, nonché l’assegnazione di sanzioni e la ripresa fiscale delle maggiori imposte (articolo 14, comma 5, D.L. n. 35/2005) accertate.
E’ evidente, quindi, che alla luce di queste considerazioni formulate, se da un lato il regime fiscale di cui all’articolo 14 D.L. n. 35/2005 è molto più favorevole rispetto alle più generiche disposizioni contenute nell’articolo 100, comma 2 T.U.I.R., dall’altro si necessita di una quantità di informazioni attendibili tali che non è detto si riesca a reperire così facilmente (anche se da una lettura dello statuto della ONLUS sembrerebbero ricorrere i presupposti). Pertanto, onde rischiare inutili sanzioni, nel caso in cui non riusciate a disporre di tutta la documentazione necessaria per tutelarvi da un punto di vista fiscale, l’alternativa è data dal ricadere nel regime previsto dall’articolo 100, comma 2 T.U.I.R. (in linea generale la deducibilità della spesa per liberalità dovrà rispettare il limite del 2% del reddito).
Completamente diverso sarebbe il trattamento nel caso in cui, invece, il compenso anziché essere ricondotto a liberalità, per caratteristiche venisse corrisposto come per la partecipazione ad un convegno: attività non solo perseguibile dalla ONLUS in quanto prevista dal proprio statuto sociale, ma soprattutto prestazione che dovrà essere soggetta a fatturazione con esposizione dell’imposta sul valore aggiunto.