Le variazioni in diminuzione della base imponibile I.V.A. e del relativo tributo, sono disciplinate dall’art. 26, comma 2, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. La disposizione in parola contempla i diversi casi in cui un’operazione, successivamente all’emissione della fattura, venga meno, anche soltanto parzialmente, ovvero se ne riduca l’ammontare imponibile, compresa la circostanza di mancato pagamento, non necessariamente integrale, a causa di procedure concorsuali rimaste infruttuose.
Al ricorrere della suddetta ipotesi, è riconosciuto al cedente del bene o prestatore del servizio il diritto di emettere una nota di variazione I.V.A., ed esercitare la detrazione della corrispondente imposta. Nel caso di debitori dichiarati falliti, ovvero ammessi a un concordato preventivo, è dunque attribuita all’impresa creditrice la facoltà di emettere tale documento fiscale, limitatamente alla parte di credito rimasta insoddisfatta, quale risultante dall’avvenuta verifica della definitiva infruttuosità della procedura.
La facoltà di emissione della nota di variazione IVA, relativa a operazioni intercorse con debitori assoggettati a una procedura concorsuale, non è riconosciuta a tutti i contribuenti, bensì esclusivamente al cedente o prestatore partecipante al concorso (circ. 17 aprile 2000, n. 77/E). Diversamente, verrebbe a mancare, rispetto al creditore emittente il documento di rettifica, l’elemento fondamentale dell’infruttuosità di cui all’art. 26, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972. Il diritto alla rettifica in diminuzione è, inoltre, escluso nel caso in cui il creditore, pur essendo stato ammesso allo stato passivo del fallimento, ovvero inserito nell’elenco dei creditori del concordato preventivo, rinunci espressamente alla propria pretesa, mediante un’apposita istanza, presentata prima dell’accertamento dell’infruttuosità della procedura.
Ora, dopo questa breve digressione, passando al lato pratico, il creditore (Alfa) partecipante al concorso, soggetto passivo IVA può emettere la nota di variazione in diminuzione soltanto quando diviene certa, nel quantum, l’infruttuosità della procedura. Tale momento è differente, a seconda che il debitore sia stato dichiarato fallito, ovvero ammesso al concordato preventivo. Non a caso infatti:
FALLIMENTO
Il creditore può emettere la nota di variazione esclusivamente a seguito della scadenza del termine fissato per la presentazione delle osservazioni al piano di ripartizione finale stabilito dal giudice delegato, decorsi quindici giorni dal ricevimento della comunicazione inviata a tutti i creditori, compresi quelli attualmente oggetto di procedimento di opposizione, impugnazione o revocazione.
Nel caso di insussistenza di somme da destinare alla soddisfazione dei creditori, è necessario fare, invece, riferimento alla scadenza della data entro la quale è possibile proporre reclamo avverso il decreto di chiusura della procedura (circ. n. 77/E del 2000), ovvero al decorso del termine di dieci giorni dalla comunicazione o notificazione del provvedimento (art. 119, comma 3, e 26, comma 3, della legge fallimentare).
CONCORDATO PREVENTIVO
L’importo oggetto della rettifica in diminuzione sarà individuabile, inequivocabilmente, soltanto sulla base del piano di ripartizione finale, approvato secondo le modalità stabilite nel decreto di omologazione della procedura, e dunque non prima che si sia conclusa la liquidazione giudiziale.
ACCORDO DI RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI
Questo iter, ancorché disciplinato dalla legge fallimentare, non è considerato una procedura concorsuale, pur essendo allo stesso assimilabile. Conseguentemente, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, si viene a determinare un rilevante effetto in capo ai creditori partecipanti all’accordo. Tali soggetti possono, infatti, emettere, con riferimento alla parte di credito rimasta insoddisfatta, la nota di I.V.A. esclusivamente qualora non ricorrano i presupposti di cui all’art. 26, comma 3, n. 633/1972, ovvero prima del decorso di un anno dall’effettuazione dell’operazione. Il diritto in parola è, infatti, sorto a seguito di un sopravvenuto accordo tra le parti, che la disposizione in commento assoggetta espressamente al suddetto limite temporale.
Da un punto di vista formale, l’emissione della nota di variazione I.V.A. non è soggetta a particolari vincoli formali, ma è sufficiente che presenti le medesime caratteristiche della fattura di cui costituisce la rettifica, e quindi:
a) deve contenere le generalità delle parti (cedente e cessionario del bene, prestatore e committente del servizio), l’indicazione della variazione della base imponibile I.V.A., dell’aliquota applicata e del relativo tributo, nonché i dati identificativi della fattura originaria;
b) deve essere numerata e annotata, nei termini di legge.
Si ritiene inoltre opportuno, includere e specificare quale destinatario della nota di variazione anche il professionista incaricato della procedura concorsuale, in quanto solitamente lì viene eletto il nuovo domicilio della società debitrice (dettaglio questo da aggiungere rispetto alle note di variazione inviateci).
Infine, la facoltà di cui all’art. 26, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972, pur non essendo formalmente sottoposta a un limite temporale (circ. n. 77/E del 2000), ne incontra implicitamente uno, previsto ai fini della detrazione dell’I.V.A.: il termine di presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui è sorto il diritto alla detrazione, così come sopra sommariamente individuato. Sostanzialmente rispetto all’elenco fornito, l’emissione nel mese di maggio 2012 della nota di variazione è ammissibile. Vi sono però alcune particolarità che devono essere osservate:
a) per i crediti per i quali gli iter burocratici del fallimento si sono ultimati nel 2010, la nota di variazione dovrà essere registrata in maniera del tutto ordinaria, e quindi inclusa nelle liquidazioni IVA del 2012;
b) diversamente per il credito per il quale la procedura di fallimento si è ultimata nel 2009, la nota di variazione potrà essere comunque emessa, ma annotata nei registri IVA 2012 solo a titolo di “pro-memoria”, e quindi l’imposta sul valore aggiunto recuperata nella dichiarazione IVA 2012 anno 2011 il cui termine d’invio è fissato nel 01.10.2012.
Infatti, con riferimento a quest’ultima situazione l’art. 19 D.P.R. n. 633/72 sancisce che “il diritto alla detrazione può essere esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui lo stesso diritto è sorto”. Tale diritto, però, può essere esercitato solo se la nota di variazione è stata inserita negli appositi registri. Di qui l’ulteriore particolarità: se la nota di variazione venisse annotata al pari di altre, il diritto alla detrazione non sarebbe esercitabile in quanto la stessa concorrerebbe alla determinazione di liquidazioni del 2012 riepilogate nella dichiarazione IVA 2013 e, quindi, “fuori tempo massimo”. Ecco, perché, si parla di registrazione a meri fini di “pro-memoria”: la nota di variazione, cioè, verrà inserita negli appositi registri, non concorrerà alla determinazione dell’ammontare delle liquidazioni 2012 e l’IVA originariamente a debito potrà essere recuperata in dichiarazione (sul punto si veda la R.M. n. 89/E/2002). Resta fermo, però, l’obbligo di emissione della nota di credito nei confronti del cliente fallito.
Infine, per completezza sull’argomento si rammenta che la nota di variazione può essere emessa anche nel caso in cui il curatore fallimentare, ovvero il debitore in concordato preventivo, abbia già provveduto alla chiusura della partita I.V.A., e non sia più in grado di provvedere alla registrazione del documento di rettifica trasmesso dal creditore.