Nei rapporti con i propri clienti, le banche si avvalgono di infiniti tecnicismi e formalismi per mantenere una posizione contrattuale dominante. La mole di documenti e clausole contrattuali difficilmente intellegibili che il cliente è tenuto a visionare e sottoscrivere per accedere ai servizi degli intermediari finanziari è spesso fitta di incomprensioni giuridiche e costituisce il comune denominatore delle tempeste che hanno sconvolto (anche recentemente) il mondo bancario. Il formalismo del nostro ordinamento è, però, un’arma a doppio taglio che a volte ferisce anche le banche.
Recentemente la giurisprudenza di legittimità ha negato la validità dei c.d. “contratti bancari monofirma”, caratterizzati dalla presenza sul contratto della sola firma del cliente, senza la corrispondente sottoscrizione della banca. Questa circostanza, assolutamente invalsa nella prassi bancaria, comporta nientemeno che la nullità del contratto fin dalla sua origine, per violazione di norma imperativa (art. 1418 c.c.).
Il ragionamento della Cassazione, invero in contrasto con pronunce precedenti della stessa Suprema Corte, è semplice, consequenziale ed assolutamente condivisibile. Nel nostro ordinamento giuridico il contratto è costituito da alcuni elementi essenziali (l’accordo delle parti, la causa, l’oggetto e la forma) che costituiscono le fondamenta su cui è disposta l’intera architettura del rapporto fra le parti, le diverse clausole che lo regolano e gli effetti che queste producono. Se viene a mancare uno di questi elementi essenziali l’intera struttura crolla come un castello di carte, ogni effetto prodotto dal contratto deve essere eliminato e la situazione fra le parti deve essere virtualmente riportata ad una situazione preesistente al contratto stesso.
Ai fini del presente articolo è di particolare interesse la specifica forma richiesta per i contratti bancari (e finanziari). In tali contratti, infatti, gli articoli 117 TUB e 23 TUF prevedono la necessità della forma scritta. In pratica, l’accordo intercorso fra le parti per regolare in un determinato modo il proprio rapporto deve essere “incorporato” in un documento scritto. In considerazione del fatto che, giuridicamente parlando, un accordo è costituito dall’accettazione di una proposta, cioè dal consenso di entrambe le parti a contrarre in determinati termini, il suddetto documento scritto dovrà dimostrare l’esistenza di tale consenso attraverso la firma di entrambe le parti.
Dalle precedenti considerazioni consegue che, se un contratto bancario (o finanziario) venisse firmato solo dal cliente e non dalla Banca, quest’ultimo dovrebbe essere considerato una mera proposta del cliente, senza una corrispondente accettazione scritta da parte della Banca. Anche nell’ipotesi in cui, successivamente, il rapporto contrattuale si sviluppasse secondo le norme inserite nel testo contrattuale, il requisito della forma scritta non sarebbe comunque rispettato ed il contratto sarebbe nullo fin dalla sua origine.
In considerazione del fatto che il requisito della forma scritta per i contratti bancari (e finanziari) è stato previsto nel TUB e nel TUF unicamente a protezione del cliente, si segnala che la nullità sopra descritta potrà essere richiesta solamente dal cliente stesso e non dalla Banca.
Alla luce di questo recente e favorevole orientamento, si consiglia a tutti di cogliere l’occasione per effettuare un attento riesame dei propri contratti bancari (e finanziari), valutando l’esistenza dei presupposti e dell’interesse ad ottenere una pronuncia di nullità.