Generalmente, il trasferimento della proprietà, per quanto riguarda i beni mobili, avviene nel momento in cui le parti manifestano il reciproco consenso (compravendita ad effetti immediati).
Vi sono tuttavia alcune fattispecie, c.d. compravendite ad effetti differiti, nelle quali il trasferimento della proprietà è procrastinato, rispetto al mutuo consenso, al verificarsi di ulteriori eventi previsti dal codice civile e riferiti alla particolare tipologia o condizione del bene compravenduto.
Il differimento dell’effetto traslativo della proprietà, può, però, discendere anche da una mera espressione di volontà dei contraenti legata, nella quasi totalità dei casi, ad una esigenza del cessionario.
Proprio in queste situazioni in cui le operazioni di cessione si perfezionano in un momento successivo e differito rispetto alla consegna dei beni, si possono manifestare delle criticità dal punto di vista fiscale, in quanto una non corretta gestione dell’operazione potrebbe entrare in conflitto con quanto previsto dalla normativa in materia di I.V.A. e di imposte dirette.
Si pensi, ad esempio, al caso in cui il potenziale cliente abbia la necessità di valutare se il bene, proposto dal cedente, risponda alle proprie esigenze e, pertanto, debba analizzarne le caratteristiche qualitative o tecniche oppure le funzionalità operative e, per portare a termine tali verifiche, sia richiesto un congruo lasso temporale. Di solito, quindi, per consentire al cliente di effettuare gli opportuni riscontri e prove, il cedente provvede ad inviare, presso la sede del cliente, il bene oggetto di interesse.
Tale operazione viene spesso gestita mediante accordi solo verbali e con l’utilizzo delle causali “conto visione” o “vendita con riserva di gradimento” riportate nella documentazione che accompagna quanto inviato al cliente (es. il DDT), con il solo scopo di dichiarare che l’operazione non ha, in quel momento, la natura di compravendita.
Tralasciando in questa sede le considerazioni di carattere civilistico, per quanto concerne le considerazioni di carattere fiscale, è opportuno innanzitutto individuare le disposizioni che disciplinano, da un lato, il momento di effettuazione dell’operazione di cessione dei beni mobili (ai fini I.V.A.) e, dall’altro, il momento di conseguimento del relativo ricavo e il sostenimento delle spese di acquisizione dei beni (ai fini delle imposte dirette).
Ai fini I.V.A. l’art. 6 del D.P.R. n.633/1972 stabilisce che “… le cessioni di beni si considerano effettuate … nel momento della consegna o spedizione se riguardano beni mobili. Tuttavia le cessioni i cui effetti traslativi o costitutivi si producono posteriormente, … si considerano effettuate nel momento in cui si producono tali effetti e comunque, se riguardano beni mobili, dopo il decorso di un anno dalla consegna o spedizione …”.
Per quanto riguarda invece le imposte dirette, l’art. 109 del T.U.I.R. prevede che “i ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi … concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza …”, e che ai fini della determinazione dell’esercizio di competenza “… i corrispettivi delle cessioni si considerano conseguiti, e le spese di acquisizione dei beni si considerano sostenute, … alla data della consegna o spedizione per i beni mobili …, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale. Non si tiene conto delle clausole di riserva della proprietà”.
Dall’analisi comparata delle due disposizioni citate, emerge che se l’effetto traslativo della proprietà del bene si verifica in un momento successivo, rispetto alla consegna o spedizione, è in questo momento successivo che l’operazione diviene rilevante e comunque, ai soli fini I.V.A., non oltre il decorso di un anno dalla consegna o spedizione. Lo stesso vale per quanto riguarda le imposte sui redditi, con la sola differenza che non è posto un termine massimo decorso il quale diventa sempre e comunque rilevante.
Ora, con riferimento al caso in questione, dato che si tratta di prodotti medicali dotati di particolari caratteristiche e funzionalità, l’esatta individuazione del momento di espressione del gradimento da parte del soggetto utilizzatore non è possibile, per cui si ritiene che il momento impositivo ai fini I.V.A. ex art.6 del D.P.R. n.633/1972 sia da ricercarsi ad un anno dalla data di spedizione o consegna degli stessi.
Ai fini delle imposte sui redditi, dato che non risulta possibile individuare l’esatto momento di espressione del gradimento da parte del soggetto utilizzatore, lo stesso ricadrà nel giorno in cui si è verificato il passaggio, sostanziale e non formale, del titolo di proprietà (quindi il momento in cui c’è stato il sostanziale passaggio del rischio sulla merce e la relativa capacità di disporre di essa, da un soggetto all’altro).
Detto ciò, è necessario distinguere, a nostro avviso, l’ipotesi in cui il soggetto utilizzatore provveda o meno ad attivare procedure di acquisto di beni presso la società a seguito della prova di quello c.d. “in conto visione”.
In caso positivo, al massimo entro il termine di cui sopra, la società dovrà emettere fattura al cliente, imponibile I.V.A. come se si trattasse di una cessione ordinaria. La base imponibile sarà, perciò, costituita dal valore normale di vendita. Quando, successivamente, il cliente provvederà ad effettuare ordini per ulteriori beni, dalla base imponibile di tale cessione dovrà essere stornato un prodotto a titolo di sconto in natura escluso dall’applicazione dell’I.V.A. ex art. 15 del D.P.R. n.633/1972 (e corrispondente al bene inviato al cliente in precedenza in conto visione). Ai fini contabili, l’operazione dovrà essere rilevata al pari di una normale cessione di beni oggetto dell’attività. Il tutto dovrà trovare espressione scritta attraverso un apposito preventivo contratto tra la società ed il soggetto utilizzatore con cui si stabilisce detto sconto in natura.
Se questa soluzione non appare praticabile, come nel caso in esame, l’unica soluzione, come anche nel caso in cui il cliente non provveda ad effettuare acquisti di beni successivi come quello in conto visione entro il termine di cui sopra, allora sarà necessario emettere autofattura, la quale dovrà essere numerata secondo la numerazione propria delle fatture di vendita ed essere annotata nel registro delle fatture emesse; il relativo imponibile andrà a confluire nel volume d’affari I.V.A.
La base imponibile, in questo caso, sarà pari al “prezzo di acquisto del bene o, in mancanza, al prezzo di costo dei beni o di beni simili, determinati nel momento in cui si effettuano le operazioni “ (art. 13, comma 2, lett. c), D.P.R. n.633/1972). In altre parole si richiama la norma che disciplina la base imponibile nelle ipotesi di cessione di beni a titolo di omaggio.
Dal punto di vista contabile, quindi, si dovrà procedere con le seguenti scritture:
1) Emissione autofattura
Crediti v/cliente per autofattura a ≠
Ricavi per cessione beni in prova
Iva a debito
2) Rettifica delle poste di credito e ricavo
≠ a Crediti v/clienti per autofattura
Ricavi per cessione beni in prova
Imposte e tasse indeducibili (importo dell’I.V.A.)
Infine, in materia di imposte dirette emerge la questione se i costi di acquisto di tali beni da concedere in prova siano da qualificarsi come spese commerciali o spese di rappresentanza, con effetti conseguenti sulla loro deducibilità fiscale.
Per prudenza, consigliamo di qualificare le spese come di rappresentanza, con conseguenti limiti alla loro deducibilità: in alternativa, anche se appare più rischioso tali spese possono essere qualificate come spese commerciali, fiscalmente deducibili per l’intero ammontare.
Qualora si opti per una qualificazione di dette spese come di rappresentanza, oltre alle scritture contabili sopra riportate, occorrerà evidenziare in contabilità il costo dell’omaggio, stornando il conto originario (es. merci c/acquisti) e girando il relativo ammontare al conto “omaggi di beni non eccedenti 50 euro” o a seconda “omaggi di beni eccedenti 50 euro” (in C.E. voce B.14 –oneri diversi di gestione), al momento di emissione dell’autofattura.
Non è stata presa in considerazione nella trattazione del presente quesito, la fattispecie dell’invio al cliente di campioni gratuiti di modico valore appositamente contrassegnati, principalmente per l’incertezza che negli anni ha contraddistinto proprio la definizione giuridica di tale espressione. Benché, infatti, laddove il contrassegno (obbligatorio in questi casi) non sia tecnicamente applicabile direttamente sul bene, sia ammessa la sua apposizione indelebile sul contenitore o involucro sigillato, e benché in più occasioni l’Amministrazione finanziaria abbia precisato che per modico valore non si debba fare riferimento alla soglia dei 50 Euro in materia di omaggi, e che i campioni non debbano necessariamente essere beni di valore e dimensioni inferiori ai beni commercializzati dall’impresa, ma possono essere anche degli esemplari di detti beni, appare comunque rischioso e passibile di contestazione da parte degli Uffici finanziari ricorrere a tale fattispecie brevemente descritta.