In particolare, sul punto, si sottolinea che con il D.M. 11 novembre 2008, sono state ridisegnate le regole per stabilire quando una spesa sia da classificare, o meno, come di rappresentanza.
Rispetto a quanto anticipato telefonicamente, inoltre, è opportuno precisare fin da subito che le nuove regole di deducibilità abbandonano i criteri noti nel passato e, così, non è più necessario procedere alla deduzione per quinti della quota deducibile di tali spese, complessivamente fissata in un terzo dell’ammontare totale.
Non a caso, infatti, l’approccio che emerge dal decreto è relativamente semplice: quando una spesa è classificabile come di rappresentanza la sua deducibilità è tendenzialmente integrale, salvo non superare dati plafond massimi.
Ora, ai fini della presente disamina, tralasciando i vari indirizzi di dottrina che si sono susseguiti, e calandoci direttamente sul lato pratico è evidente che le spese in questione sono inquadrabili come costi per ospitalità, e non certo assimilabili a quelli di rappresentanza, che generalmente vengono sostenuti quando il beneficiario è un soggetto dal quale non ci si attende una specifica controprestazione, ma solo una reazione potenziale ed eventuale.
Infatti, il citato decreto ministeriale individua, opportunamente, un gruppo di spese che non qualifica di rappresentanza, implicandone così la piena deducibilità ai fini delle imposte sui redditi (attenzione, però, se di vitto e alloggio dal 2009 tali spese scontano la deducibilità limitata al 75%) e la totale detraibilità dell’I.V.A. addebitata in fattura. Queste spese, che si configurano in quelle di viaggio, vitto e alloggio, si caratterizzano per il fatto che loro destinatari devono essere i soli clienti, effettivi o potenziali, e devono essere sostenute in contesti ben precisi, vale a dire:
a) per l’ospitalità a clienti in occasione di mostre, fiere, esposizioni e simili, e a condizione che in tali manifestazioni siano esposti i beni o i servizi prodotti dall’impresa;
b) in occasione di visite dei clienti o fornitori a sedi, stabilimenti, o unità produttive dell’impresa.
E’ evidente, quindi, che il decreto ministeriale ha avuto un occhio di riguardo per tutte le iniziative che vedono coinvolti i clienti dell’azienda, andando così a risolvere favorevolmente una delle situazioni che, con maggior frequenza, si possono incontrare nella realtà operativa.
A fronte della deducibilità di queste spese, il D.M. prevede un certo rigore negli obblighi documentali, e cioè la predisposizione di un’apposita documentazione, dalla quale risultino:
- le generalità dei soggetti ospitati;
- la durata e il luogo di svolgimento della manifestazione, obbligo che si correla sembra al solo caso delle mostre, fiere etc;
- la natura dei costi sostenuti.
Al di là della norma puntuale, ben comprendiamo il disagio che l’implementazione di una tale burocrazia possa comportare, soprattutto con riferimento a costi caratterizzati da questa esiguità, e pertanto rimettiamo alla società la scelta se adottare o meno procedura di controllo di questo genere.
Inoltre, vista la difficoltà in cui si può incorrere nel tentare di cercare un criterio per procedere alla suddivisione di questa tipologia di costo tra la quota sostenuta per l’ospitalità a clienti e fornitori e quella destinata alle bevande consumate dai dipendenti, sarà necessario verificare la prevalenza di una finalità rispetto all’altra.
Qualora via sia la prevalenza della spesa sostenuta con intento di ospitalità, allora il costo sarà registrato in un apposito mastrino della sezione B.7. di conto economico tra i servizi. La deduzione del costo sarà possibile nel limite del 75%, e l’I.V.A. completamente detraibile.
Diversamente, in caso di prevalenza del costo quale onere sostenuto volontariamente dalla Società a favore dei dipendenti, lo stesso dovrà essere registrato tra i costi per il personale dipendente, nella sezione dedicata agli “altri costi per il personale”. In questa ipotesi l’I.V.A. sarà comunque pienamente detraibile, mentre i costi saranno deducibili al 75% e nel “limite massimo del 5 per mille dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente” (art. 100, comma 1 T.U.I.R.). Per completezza si ricorda che, a norma dell’art. 51, comma 2, lett. f) T.U.I.R. queste erogazioni non costituiscono reddito per il dipendente.