In generale, le penalità (come anche gli interessi di mora) per violazione di obblighi contrattuali non costituiscono il corrispettivo di una prestazione di servizi o di una cessione di beni, ma assolvono ad una funzione punitivo-risarcitoria.
Per questo motivo, tali somme sono escluse dal campo di applicazione I.V.A. secondo le disposizioni di cui all’articolo 15, comma 1, n. 1, D.P.R. n. 633/72 (dicitura da richiamare in quietanza). Tale orientamento è stato sostenuto dalla stessa Agenzia delle Entrate, con Risoluzione 23 aprile 2004, n. 64. Tali operazioni non sono soggette ad obbligo di fatturazione, tuttavia ne consigliamo l’emissione in via prudenziale e perché di solito richiesto dal cliente.
Si ricorda che le fatture emesse a fronte di operazioni i cui corrispettivi non sono soggetti ad I.V.A., sono invece sottoposti ad imposta di bollo, pari ad Euro 1,81, se la somma di uno o più componenti dell’intero corrispettivo sia superiore ad Euro 77,47.
Dal punto di vista contabile, le somme incassate a titolo di penalità costituiscono una componente positiva per competenza, nell’esercizio in cui matura il diritto al loro incasso.
L’importo incassato andrebbe ripartito fra penale vera e propria (che confluisce in bilancio nella voce A5 – Altri ricavi e proventi) ed interessi attivi (che confluiscono, invece, nella voce C16 – Altri proventi finanziari). Se non vi è noto l’importo distinto, riteniamo più corretto imputare tutto nel conto “penale”, da classificare in A5, visto che si tratta della quota percentualmente più rilevante.