Quesiti e approfondimenti

Il diritto di stabilimento nelle dinamiche societarie e le sue eventuali restrizioni

Il presente intervento si offre di analizzare brevemente una recente sentenza (n. 106/2016 del 25.10.2017) emessa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea chiamata a pronunciarsi, nell’ambito di una vicenda che ha coinvolto una società polacca, in tema di libertà di trasferimento. Il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea organizza il funzionamento dell’Unione e determina i settori, la delimitazione e le modalità d’esercizio delle sue competenze. L’articolo 49 del Trattato disciplina il diritto di stabilimento prevedendo che: “Nel quadro delle disposizioni che seguono, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate. Tale divieto si estende altresì alle restrizioni relative all’apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di un altro Stato membro. La libertà di stabilimento importa l’accesso alle attività autonome e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società ai sensi dell’articolo 54, secondo comma, alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini, fatte salve le disposizioni del capo relativo ai capitali”. L’articolo 54 del Trattato prevede, invece, che: “Le società costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro e aventi la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale all’interno dell’Unione, sono equiparate, ai fini dell’applicazione delle disposizioni del presente capo, alle persone fisiche aventi la cittadinanza degli Stati membri.  Per società si intendono le società di diritto civile o di diritto commerciale, ivi comprese le società cooperative, e le altre persone giuridiche contemplate dal diritto pubblico o privato, ad eccezione delle società che non si prefiggono scopi di lucro”.

La vicenda all’esame delle Corte di Giustizia.

Con delibera del 30.09.2011, l’assemblea straordinaria dei soci di una società polacca a responsabilità limitata decideva di trasferire la sede legale in Lussemburgo, provvedendo a depositare il mese successivo istanza d’inserimento dell’annotazione relativa all’avvio della procedura di liquidazione presso il tribunale incaricato della tenuta del registro delle imprese (in prosieguo, il “Giudice del Registro”).In data 26 ottobre 2011 veniva inserita in detto registro l’annotazione relativa all’avvio della liquidazione e nominato il liquidatore. Nel maggio 2013 l’assemblea dei soci della nuova società (con sede legale in Lussemburgo) adottava una delibera che attuava, in particolare, la delibera del 30.09.2011, e trasferiva la sede legale della società polacca in Lussemburgo per rendere applicabile alla stessa il diritto lussemburghese, senza perdita della sua personalità giuridica. In base alla delibera del maggio 2013, la sede legale della società polacca veniva così trasferita in Lussemburgo, con conseguente abbandono della denominazione sociale precedente con assunzione di una nuova. Nel giugno 2013 la società polacca provvedeva conseguentemente a depositare, innanzi al Giudice del Registro, istanza di cancellazione dal registro delle imprese polacco in ragione del trasferimento della sede legale della società in Lussemburgo. Con decisione del settembre 2013 il Giudice del Registro respingeva l’istanza di cancellazione. La società polacca ricorreva avverso tale decisione innanzi al Tribunale circondariale in Polonia il quale, tuttavia, respingeva il ricorso. La società polacca impugnava, così, anche il provvedimento di rigetto dinanzi al Tribunale Regionale in Polonia che, a sua volta, respingeva l’impugnazione con ordinanza del giugno 2014. La società presentava, quindi, ricorso per cassazione dinanzi al Giudice del Rinvio sostenendo che, alla data del trasferimento della propria sede in Lussemburgo, la stessa aveva perduto lo status di società di diritto polacco per divenire una società di diritto lussemburghese. Secondo la società polacca, il procedimento di liquidazione andava chiuso e si doveva procedere alla sua cancellazione dal registro delle imprese in Polonia, considerato, peraltro, che non era necessario, né possibile il rispetto dei requisiti della procedura di liquidazione previsti dal diritto polacco, in quanto essa non aveva perduto la personalità giuridica. Il Giudice del Rinvio rilevava che:

  1. la procedura di liquidazione è diretta alla cessazione dell’esistenza giuridica della società e comporta determinati obblighi a tale riguardo.

Nel caso di specie, la società continuerebbe ad esistere giuridicamente come soggetto di diritto di uno Stato membro diverso dalla Repubblica di Polonia. Il Giudice del Rinvio si è chiesto se l’imposizione, alla società di cui trattasi, di obblighi analoghi a quelli richiesti per la cessazione dell’esistenza giuridica della società in quanto tale non restringa eccessivamente la sua libertà di stabilimento. Inoltre, il Giudice del Rinvio si è chiesto se la constatazione della ricostituzione della società, sulla base della sola delibera dei soci relativa alla continuazione della personalità giuridica acquisita nello Stato membro d’origine, e la sua iscrizione nel registro delle imprese dello Stato membro ospitante, basata su tale delibera, siano opponibili allo Stato membro d’origine, sebbene in quest’ultimo sia in corso un procedimento di liquidazione.

  1. sebbene in linea di principio sia vietato ad uno Stato membro rifiutare di riconoscere la personalità giuridica acquisita in un altro Stato membro e valutare la regolarità delle misure adottate dalle autorità di quest’ultimo, la cancellazione dal registro delle imprese di provenienza è retta dal diritto dello Stato membro d’origine che deve garantire la tutela degli interessi dei creditori, dei soci di minoranza e dei dipendenti nell’ambito della procedura di liquidazione.

Il Giudice del Rinvio ha ritenuto, pertanto, che il Giudice del registro non debba rinunciare a dar seguito a tale procedura.

  1. in base alla giurisprudenza della Corte, in linea di principio, è ammesso verificare se l’intenzione di una società sia quella di stabilire un legame economico duraturo con lo Stato membro ospitante e se sia questo lo scopo per il quale essa stia trasferendo la sede legale (intesa come luogo dell’effettiva gestione e dell’effettivo esercizio dell’attività). I dubbi riguarderebbero, tuttavia, l’individuazione del soggetto, dello Stato membro ospitante o d’origine, che debba procedere a tale verifica.

Sulla base di tali considerazioni, la Corte Suprema in Polonia decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia le questioni pregiudiziali di seguito indicate.

Le questioni pregiudiziali sottoposte alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

1) gli articoli 49 e 54 TFUE ostano a che uno Stato membro in cui è stata costituita una società commerciale (società a responsabilità limitata) applichi le disposizioni di diritto nazionale che subordinano la cancellazione dal registro allo scioglimento della società in esito alla messa in liquidazione, qualora la società abbia formato oggetto, in un altro Stato membro, di ricostituzione sulla base di una delibera dei soci di continuazione della personalità giuridica acquisita nello Stato di costituzione. In caso di risposta negativa:

2) se gli articoli 49 e 54 TFUE possano essere interpretati nel senso che l’obbligo (risultante dalle disposizioni di diritto nazionale) di espletare la procedura di liquidazione della società – consistente nel portare a termine gli affari sociali in corso, riscuotere i crediti, adempiere le obbligazioni e realizzare gli attivi della società, soddisfare i creditori o costituire garanzie in loro favore, depositare il bilancio relativo a tali attività ed indicare il custode dei libri e dei documenti – la quale precede lo scioglimento della società che avviene nel momento della cancellazione dal registro, costituisce una misura adeguata, necessaria e proporzionata ad un interesse pubblico meritevole di tutela, qual è la tutela dei creditori, dei soci di minoranza e dei lavoratori della società migrante.

3) se gli articoli 49 e 54 TFUE debbano essere interpretati nel senso che le restrizioni alla libertà di stabilimento includono l’ipotesi in cui una società, allo scopo di trasformarsi in una società di un altro Stato membro, trasferisce la propria sede sociale in quest’ultimo Stato senza cambiare la sede dello stabilimento principale che rimane nello Stato di costituzione.

Con tale terza questione, il Giudice del rinvio ha richiesto, in sostanza, alla Corte di Giustizia se gli articoli 49 e 54 TFUE debbano essere interpretati nel senso che la libertà di stabilimento è applicabile ai trasferimenti della sede legale di una società costituita ai sensi del diritto di uno Stato membro verso il territorio di un altro Stato membro, ai fini della sua trasformazione in una società soggetta al diritto di tale secondo Stato membro, senza spostamento della sede effettiva della citata società. I governi polacco e austriaco sostengono che gli articoli 49 e 54 TFUE non siano applicabili ad un trasferimento di società quale quello di cui al procedimento principale in esame. Secondo il governo austriaco, non può essere invocata la libertà di stabilimento quando il trasferimento non è motivato dall’esercizio di un’attività economica effettiva attraverso l’insediamento in pianta stabile nello Stato membro ospitante. Il governo polacco per giustificare le proprie conclusioni richiama, in particolare, le sentenze del 27 settembre 1988, Daily Mail and General Trust (81/87, EU:C:1988:456) e del 16 dicembre 2008, Cartesio (C-210/06, EU:C:2008:723). Siffatta tesi – secondo l’orientamento espresso dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella sentenza in analisi – non può trovare accoglimento. L’art. 49 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 54 TFUE, accorda il beneficio della libertà di stabilimento alle società costituite in conformità alla legislazione di uno Stato membro e con la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale all’interno dell’Unione Europea. Pertanto, una società come quella polacca interessata, costituita conformemente alla legislazione di uno Stato membro (la Polonia) può, in linea di principio, avvalersi di tale libertà. In virtù della disciplina legislativa europea richiamata, la libertà di stabilimento delle società comporta, in particolare, la costituzione e la gestione di tali società alle condizioni definite dalla legislazione dello Stato membro di stabilimento per le proprie società. La libertà di trasferimento, secondo la Corte di Giustizia, comprende, dunque, il diritto per una società costituita in conformità con la normativa di uno Stato membro di trasformarsi in una società disciplinata dal diritto di un altro Stato membro, purché siano soddisfatte le condizioni stabilite dalla normativa di tale ultimo Stato membro ed, in particolare, il criterio posto da detto Stato per collegare una società all’ordinamento giuridico nazionale. In assenza di uniformità nel diritto dell’Unione la Corte di Giustizia ricorda che la definizione del criterio di collegamento che determina il diritto nazionale applicabile ad una società rientra – in conformità all’articolo 54 TFUE – nella competenza di ciascuno Stato membro, avendo tale disposizione normativa posto sullo stesso piano la sede sociale, l’amministrazione centrale e il centro d’attività principale di una società come criteri di collegamento (si vedano in tal senso, le sentenze del 27 settembre 1988, Daily Mail and General Trust, 81/87, EU:C:1988:456, punti da 19 a 21). Come precisato dalla Corte di Giustizia, l’applicabilità degli articoli 49 e 54 TFUE è argomento che va tenuta distinto dalla questione se uno Stato membro possa adottare misure atte a impedire che, in presenza delle possibilità offerte dal Trattato, i suoi cittadini tentino di sottrarsi abusivamente all’impero della propria legge nazionale, tenuto conto del fatto che, secondo una consolidata giurisprudenza, uno Stato membro può adottare simili misure. Come già dichiarato dalla Corte, invero, il fatto di stabilire la sede, legale o effettiva, di una società, in conformità alla legislazione di uno Stato membro, al fine di beneficiare di una legislazione più vantaggiosa, non può costituire di per sé un abuso del diritto di stabilimento (si confrontino al riguardo le sentenze del 9 marzo 1999, Centros, C-212/97, EU:C:1999:126, punto 27, e del 30 settembre 2003, Inspire Art, C-167/01, EU:C:2003:512, punto 96). A ciò si aggiunga che la mera circostanza che una società trasferisca la propria sede in un altro Stato membro non può fondare una presunzione generale di frode, né giustificare una misura che pregiudichi l’esercizio di una libertà fondamentale garantita dal Trattato (si veda la sentenza del 29.11.2011, National Grid Indus, C-371/10, EU:C:2011:785, punto 84). Alla luce di quanto precede, la terza questione offerta al giudizio della Corte di Giustizia trova soluzione affermando che gli articoli 49 e 54 TFUE devono essere interpretati nel senso che la libertà di stabilimento è applicabile al trasferimento della sede legale di una società costituita ai sensi del diritto di uno Stato membro verso il territorio di un altro Stato membro, ai fini della sua trasformazione, conformemente alle condizioni poste dalla legislazione di tale secondo Stato membro, in una società soggetta al diritto di quest’ultimo, senza spostamento della sede effettiva della citata società. In ordine alla sussistenza di una restrizione alla libertà di stabilimento la Corte di Giustizia dell’Unione Europea precisa quanto segue. L’art. 49 TFUE impone la soppressione delle restrizioni alla libertà di stabilimento. Per consolidata giurisprudenza, per restrizioni alla libertà di stabilimento si intendono tutti i provvedimenti che vietano, ostacolano o rendono meno attraente l’esercizio di tale libertà (in merito, si confronti la sentenza del 29.11.2011, già sopra richiamata, punto 36 e giurisprudenza ivi citata). Risulta da una giurisprudenza costante della Corte che una simile restrizione alla libertà di stabilimento possa essere ammessa solo se giustificata da motivi imperativi di interesse generale; restrizione che, inoltre, dev’essere idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non deve eccedere quanto necessario per raggiungerlo. Nel caso di specie affrontato dalla Corte di Giustizia, la normativa polacca prevede un obbligo di liquidazione della società che intende trasferire la propria sede legale in uno Stato membro diverso dalla Repubblica di Polonia: normativa quella polacca che prevede, generalmente, un obbligo di liquidazione, senza tener conto del rischio effettivo di una lesione degli interessi dei creditori, dei soci di minoranza e dei dipendenti e senza che sia consentito optare per misure meno restrittive capaci di salvaguardare detti interessi. Ne consegue, secondo l’interpretazione offerta dalla Corte di Giustizia, che l’obbligo di liquidazione imposto dalla normativa nazionale di cui al procedimento principale in esame si pone al di là di quanto necessario per raggiungere l’obiettivo della tutela degli interessi pocanzi menzionati. La Corte di Giustizia risponde pertanto alla prima e alla seconda questione dichiarando che gli articoli 49 e 54 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano alla normativa di uno Stato membro che subordina il trasferimento della sede legale di una società costituita ai sensi del diritto di uno Stato membro verso il territorio di un altro Stato membro, ai fini della sua trasformazione in una società soggetta al diritto di tale secondo Stato membro, conformemente alle condizioni poste dalla legislazione di quest’ultimo, alla liquidazione della prima società. Per tutti i motivi enucleati, la Corte Giustizia Unione Europea nella sentenza in esame ha espressamente dichiarato che gli articoli 49 e 54 TFUE:

  • devono essere interpretati nel senso che la libertà di stabilimento è applicabile al trasferimento della sede legale di una società costituita ai sensi del diritto di uno Stato membro verso il territorio di un altro Stato membro, ai fini della sua trasformazione, conformemente alle condizioni poste dalla legislazione di tale secondo Stato membro, in una società soggetta al diritto di quest’ultimo, senza spostamento della sede effettiva della citata società.
  • devono essere interpretati nel senso che ostano alla normativa di uno Stato membro che subordina il trasferimento della sede legale di una società costituita ai sensi del diritto di uno Stato membro verso il territorio di un altro Stato membro, ai fini della sua trasformazione in una società soggetta al diritto di tale secondo Stato membro, conformemente alle condizioni poste dalla legislazione di quest’ultimo, alla liquidazione della prima società.

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